Genova e il Pride

Genova e il Pride

Ieri sono stata al Pride. A Genova. Ci sono andata perché la mia figlia più grande organizzava, con i suoi compagni di partito, uno dei carri a tema.
Poi perché le cose che ti succedono vicino, sotto il naso, praticamente, non puoi mica far finta di non vederle.
Poi perché volevo un po’ vedere di persona se il Pride è davvero quell’insieme di tette finte, volgarità e immagini shockanti che ci regalano, ogni anno tg e quotidiani.
E non lo è.
Ieri a Genova è stata una festa: di colori, di suoni, di canti, di chi voleva ricordare che ognuno ha diritto di amare a suo modo, di essere felice come può e come sa. Senza far male a nessuno. Ma ha diritto alla ricerca della sua felicità.
E il corteo gioioso, allegro, monello e scanzonato di ieri l’ha ricordato a tutta la città. E la città c’era. Vi assicuro che ero così felice, così orgogliosa della mia città, che ha risposto così serenamente, così affettuosamente, così civilmente ai tantissimi che sono venuti da tutta Italia.
Eravamo tanti, nelle vie di una Genova pulita e luminosa, nonostante qualche nuvola ed anche qualche goccia, rara, di pioggia. Eravamo tanti, ai bordi delle strade, sui larghi marciapiedi delle piazze, nel corteo, mescolati, diversi tra i diversi, uguali nella voglia di sorridere, cantare e sperare in un mondo dove tutti possano cercare i loro spazi di felicità.

C’era la cosiddetta “società civile”, ieri, in strada. C’erano famiglie tradizionali e famiglie gay, c’erano giovani,bellissimi, tantissimi, una fiumana: e questo riempie il cuore di speranza. C’erano anziane signore, allegre e scanzonate. C’erano professoresse di Liceo e professori dell’Università. C’erano medici ed impiegati del Comune.C’erano sacerdoti illuminati, c’erano signori distinti. C’erano politici, parecchi, mescolati tra la folla. Qualcuno ha scritto: “il sindaco era solo, sul palco”. E meno male! Nessuno ha voluto che questa giornata diventasse un palcoscenico personale. Il sindaco, davvero bravissima, ha salutato a nome di tutta la città, quella che c’era e quella che aveva preferito non esserci. Ed ha ribadito la volontà di Genova di diventare città dei diritti.
I giornalisti presenti fotografavano, spintonandosi, le poche tette finte, i travestimenti e gli atteggiamenti audaci. Io e molti altri abiamo fotografato tutto il resto!
A metà della sfilata, i ragazzi del carro, amici di mia figlia, mi hanno invitata, tra canti e risate, a salire con loro: e da lassù la città era colorata e multi-tutto: multietnica, multisessuale, multicolore.
Era una città bellissima, una città in cui, spesso, è bellissimo vivere.
Ieri sono stata al Pride. A Genova. Meno male che non l’ho perso!!

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