Un giro da Feltrinelli. E la recensione de “I fuggitivi”
Ho letto un libro bellissimo.
Così volevo iniziare il mio post di oggi. E lasciarvi la recensione entusiastica di un libro di grande forza e bellezza.
Ma poi sono uscita di casa.
Ho deciso di dare una sberla al virus, ricacciarlo in un angolino e infischiarmene altamente, nonostante la lieve sensazione di nausea che mi accompagna.
Sono uscita, dunque, con l’idea di andare al mercato a far la spesa. Che non ho fatto.
Perché a metà di via XX Settembre, ho girato a destra e sono entrata alla Feltrinelli. Alla nuova Feltrinelli.
E sì che abito praticamente in centro: devo solo prendere un ascensore (eh, sì, noi a Genova ci muoviamo spesso “in verticale”!!) e far due passi, ma nel nuovo megastore Feltrinelli non ero ancora riuscita a passare.
E oggi ci sono entrata un po’ titubante, avendo sentito in giro i soliti genovesissimi mugugni del tipo “si stava meglio quando si stava peggio!” di cui siamo campioni, per lo meno nazionali!
Ci sono entrata titubante, dicevo, e dopo due secondi ero affascinata, emozionata e fiera.
Affascinata dalla quantità di proposte, dallo spazio gigantesco, dalla bellezza di una tale concentrazione di strumenti culturali; emozionata e fiera che la mia città, sempre piccola e apparentemente un po’ provinciale, abbia oggi la seconda più grande libreria d’Italia: una libreria immensa, luminosa, multi –tutto!
Sette piani per quasi 2000 mq. Che raccolgono più di 60.000 libri, e poi cd, dvd, video e video games, ed anche un reparto re-games, dove saranno a disposizione giochi di seconda mano.
Poltrone per leggere, spazi per studiare, silenziosi e discreti, un piccolo bar dove si può pranzare (e mi ci vedranno spesso!), uno spazio bambini, gestito in collaborazione con la Reggio Children.
Una zona grandissima e super fornita per le riviste, un angolo per l’oggettistica ed il design per la casa e la tavola, ed uno per la cartoleria; scaffali di splendidi libri d’arte, ed altri di fotografia.
Un’isola intera dedicata alla poesia: frequentatissima, oggi, da tanti ragazzi, studenti appena usciti da scuola, con zaino a tracolla e sguardi attenti.
E in più, i soliti giovani garbati commessi, gentili e soprattutto competenti, che ti aiutano, ti indirizzano e ti accompagnano, ti ordinano testi.
Certo, nei primi giorni qualche disagio c’è stato,mi diceva oggi uno di loro (e in fondo, chi di noi ha fatto un trasloco sa di che si parla… moltiplicatelo per i mq di differenza!).
Ovviamente, sono andata a curiosare nel reparto Food… e mi sono portata a casa due o tre volumi interessanti (poi ne parliamo,eh!) ed altri due li ho ordinati….
Che rabbia non aver portato con me la macchina fotografica!
(Le foto che vedete lassù, le ho prese in prestito da “ la Repubblica on line”.)
Ecco, ve l’ho detto!
E ora vi lascio alla recensione del bel libro che ho letto tutto d’un fiato, recensione che comincia così:
Ho letto un libro bellissimo.
E siccome non succede spesso, ultimamente, ve lo voglio proprio dire.
Come d’abitudine, ho comprato questo libro assieme ad almeno altri dodici o tredici, costruendomi tra le braccia una torre pesante e pericolante. Io in libreria vado proprio a far la spesa!
Perché ho scelto questo, non so: non avevo mai sentito parlare del suo autore, Nam Le. Forse il titolo, semplice e netto, I fuggitivi, forse la casa editrice, Guanda, quasi sempre garanzia di scelte felici, forse la copertina, dal disegno malinconico e bellissimo …
Li scelgo a volte così, i libri, d’istinto, al tatto, per un particolare che mi colpisce … e spesso sono scelte felici. Questo è stato una rivelazione. Una scrittura dura e netta, come un coltello affilato, ma per nulla forzata, costruita, se mai fluente e controllata, asciutta e incisiva, scabra e struggente.
E’ un libro di racconti. Sette racconti intensi e bellissimi. Sette storie di addii e di crescite, di passaggi dolorosi, di mondi al limite: al limite dell’umanità, della sofferenza; al limite di ciò che noi conosciamo e ricordiamo, o vogliamo sapere; al limite della bellezza e del dolore.
Tra la miseria atroce di una favela di Medellin, nei teatri e i vernissage di New York, su una barca di profughi nel mar della Cina, nel fango e nell’orrore di un villaggio del VietNam, in un rifugio drammaticamente fragile di Nagasaki, i protagonisti dei sette racconti di Nam Le si muovono in microcosmi di sofferenza e scelte disperate, costretti a crescere ed accettare un mondo che non fa sconti, dove ogni scelta provoca conseguenze irreparabili, dove la paura è costante, la vendetta non dà sollievo e la fuga, nonostante tutto, è impossibile .
Nessuna ricetta, in questo libro, né per sopravvivere, né tantomeno culinaria.
Ma personaggi disperati e orgogliosi, consapevoli e coraggiosi, nell’abisso di isolamento e alienazione a cui sono (siamo) inesorabilmente condannati.
Nam, Le I fuggitivi, ed. Guanda, 2009, E.16,50