Praticamente affogato.
Chiariamo subito. Io Starbucks proprio lo detesto. Come McDonald. E Burger King. E gli altri.
Amo i piccoli locali, le antiche latterie che ti vendono il caffé con la panna fresca. I bar dell’angolo, in cui entri e dici buongiorno, e il barista già prepara la tazzina, o il bicchiere per il tuo solito aperitivo. I dehors nelle piazzette assolate, con i turisti chiassosi e l’angolino all’ombra. Le osterie dei paesi in collina, con i vecchi che giocano a cirulla. I bar pasticceria pretenziosi di specchi e vetrinette, con le meringate e le torte gelato, e i tavolini con il piano di marmo e le finte thonet un po’ scrostate. I piccoli bistrot di Parigi, ma anche di Dormans o di Mentone. I pub fumosi e caldi, nelle sere umide del Sussex. O del Gloucestershire.
No, non posso amare Starbucks. Nè gli altri. Che significano la fine di tutta questa roba qui. Che intruppano i nostri figli in un pianeta a parte, inesistente, di plastica e illusione, uguale a Parigi come a Vicomorasso, a Hongkong come a Bruges.
Non mi piace. Ma alla fotografa si. Da pazzi. Mi stressa per avere un frappuccino (solo a sentire ‘sta parola ho i brividi, un rifiuto di pelle..) ovunque il logo verde-nero occhieggi minaccioso: a Londra come a Parigi, a Friburgo come a Madrid.
E si duole, la poverina, che la nostra città non sacrifichi un piccolo spazio per accogliere sì luminosa istituzione.
Il frappuccino di Starbucks è un mito. L’appagamento, il risarcimento delle ore passate a scarpinare su e giù per “musei e chiese”, a visitare negozi “di roba per la cucina o per il tuo blog”. Il frappuccino è leggenda, balsamo, ambrosia.
Il frappuccino è un caffelatte frullato .
Punto.
Non facciamo tante storie. E’ così.
Ghiaccio, latte, caffè.
Poi in quel posto là ti chiedono con più o meno cortesia (sarà pure omologato e omologante, ma la cortesia dipende dagli impiegati: ah,ah, il fattore umano esiste. E resiste!) se lo vuoi con panna, cacao o caramello. Ma la sostanza resta quella. Un caffelatte con ghiaccio. Frullato. Punto.
E visto che è estate, noi ce lo facciamo con il gelato. Che è quindi un affogato al caffè. Frullato con ghiaccio.
C’era già ai tempi miei! Che sono quelli delle estati di quando avevo 14 anni. E prendere un affogato al caffé era talmente trasgressivo: chi ce l’aveva il permesso di bere caffé! A Sestri Levante, nel bar della piazza, quello che faceva i “paciughi” più buoni del mondo, io e Moni ordinavamo gli affogati. Frullati s’intende. E ci sentivamo grandi. Diverse. Uniche.
Chi è Moni??? Questo in un’altra puntata!
Il Frappuccino.
250g di gelato alla crema
1 tazza di ghiaccio (7-8 cubetti)
1 tazzina di caffé forte
Mettere tutto nel boccale del frullatore e azionare ad intermittenza. Il ghiaccio si deve triturare, come una granita.
Io non lo copro con nulla. Troppo caldo per la panna. Ma se volete, potete spolverare con cacao.
La ricetta, più o meno originale è:
250g di latte, 1 tazzina di caffè espresso, zucchero a piacere, una tazza di ghiaccio.
Frullare tutto. Guarnire a piacere con panna, topping al cioccolato, caramello, scaglie di mandorle, noccioline tritate….