Stoccafisso e baxilli: tre versioni.
Non c’è solo Halloween. Anzi. Di quel che penso di questa festa (!) ho già detto e non ci tornerò sopra.
Il culto dei Defunti, peraltro, risale alla preistoria: abbiamo testimonianze del rispetto e della venerazione per i propri morti nelle più antiche civiltà, che ne hanno lasciato tracce nei reperti artistici e archeologici del mondo intero.
E’ in questo periodo, tra ottobre e novembre, quando l’autunno si fa più rigido, quando pare che la Natura si addormenti, per un lungo sonno e le tracce di vita e di colore si stemperano nei marroni e nei bruciati di foglie cadute, di terra infruttuosa, di piante rinsecchite, che molti popoli fissano una data per ricordare tutti i loro morti, per chiedere alla vita di non abbandonarli, alla terra di non morire: e offrono agli spiriti defunti e agli dei dell’oltretomba piatti propiziatori, sviluppando tradizioni culinarie che ancora oggi possiamo ritrovare nel nostro e in altri Paesi.
E’ il culto di Samhain, tra i popoli celtici: la notte in cui le porte del regno dei morti restano aperte e gli spiriti tornano a far visita ai vivi, che preparano per loro piatti ristoratori.
E’ il ricordo di Demetra, devastata dal dolore per il rapimento della figlia Persefone, che condanna il mondo all’aridità e alla desolazione dell’inverno, a cui venivano offerte preparazioni a base di legumi secchi e piatti poveri.
E proprio i legumi, le fave, uno degli alimenti più antichi, se ne trovano tracce risalenti a prima del 3000 a.C., e i ceci soprattutto, diventano ingredienti tradizionali nei rituali dedicati ai defunti: in epoca romana, ma anche tra gli Egizi, sono le fave ad essere cucinate e poi lasciate a disposizione delle anime dei trapassati.
In Campania e in Lombardia si lasciava dell’acqua, a disposizione, perché i defunti potessero dissetarsi; in Piemonte, in Toscana e n Puglia l’uso del posto in più apparecchiato a tavola per gli spiriti che sarebbero venuti a cena non è stato ancora del tutto spazzato via dalla modernità e in Sardegna ancora vige la consuetudine di non sparecchiare la tavola, nel giorno dedicato ai defunti; in alcune regioni del sud, la sera si va al camposanto e si allestisce un piccolo banchetto sulle tombe. E sono sempre i ceci e le fave ad essere la dominante di queste pietanze dedicate.
In Liguria, la tradizione vuole due piatti a base di legumi: la zuppa di ceci e lo stoccafisso e bacilli (in genovese Stocche e Baxilli- si legge come fosse una j francese-) una varietà di fave piccolissime e lievemente scure, buonissime, ma oggi di difficile reperibilità (potete sostituirle con fave bianche decorticate, come ho fatto io)
E’ purtroppo anche difficile trovare questo piatto nella carta dei ristoranti liguri: peccato, perché è semplicissimo e gustoso, energetico, e offre profumi e sapori di grande intensità. Bene abbinato con un Vermentino o un Pigato del ponente ligure..
Dalla versione tradizionale, ne ho poi tratto due piccole, semplici varianti, un finger adatto ad un aperitivo e una pasta (qui ho preferito delle penne ricce integrali, ma vanno benissimo anche spaghetti o altre tipologie).
Stoccafisso e bacilli
800 g di stoccafisso, già ammollato.
250 gr. di “Bacilli” (piccole fave secche)
1 limone
olio extravergine d’oliva
sale e pepe nero
La sera precedente, mettete a bagno le fave, in acqua tiepida, non salata. Il giorno dopo sciacquatele e lessatele, in acqua non salata; scolatele e tenetele in caldo.
Lavate lo stoccafisso, grattate la pelle con la lama di un coltello robusto, sciacquatelo e portatelo a cottura in acqua appena salata: scolatelo ed eliminate lische e pelle. Sfilettate lo stoccafisso, riunitelo in una ciotola con le fave, condite con olio evo, limone e poco prezzemolo. Servite tiepido.
Stocco e baxilli finger.
Procedete come sopra, poi frullate le fave, con un cucchiaio di olio evo, condite con qualche goccia di limone, sale e pepe nero. Disponete la passata di fave sul fondo di bicchierini da finger, disponete sopra lo stoccafisso sfilettato, qualche fogliolina di prezzemolo, una grattugiata di pepe nero.
Se preferite, potete frullare anche lo stoccofisso, con olio evo e qualche cucchiaiata di acqua calda di cottura, e disporre la crema allo stocco sopra quella di fave. Servite, in questo caso, con un grissino o un cracker.
Pennette ricce integrali con stocco e bacilli.
Lessate la pasta al dente. Conditela con olio, sale e pepe nero.
Riducete le fave in crema, frullandole come nella ricetta precedente. Disponete la crema di fave sui piatti individuali, coprite con la pasta e coronate il tutto con una bella quenelle di crema di stoccafisso. Spolverate con un poco di pepe nero e decorate con una fogliolina di prezzemolo,
Comments 7
apperò! quante idee golose Patrizia!
potrebbe essere un modo carino per “confondere” un po’ le idee all’Omo e fargli mangiare un po’ di pesce 😉
un abbraccione
E noi pugliesi che ci illudiamo d’essere campioni mondiali di trattamento fave! Questa mi è nuova e l’adotterò, semmai con baccalà, lo so che non è la stessa cosa ma non posso far tutto in un colpo, lo stoccafisso in Puglia non si sa neanche cosa sia, mentre le fave . . . Vienimi a trovare, ne vedrai delle belle se ti piacciono le fave
Mi piacciono queste ricette, ma soprattutto mi piacciono queste storie. Che rischiano di essere dimenticate in nome di una presunta modernità. .. grzie per avere scelto di raccontarle!
che scelta di prelibatezze Patrizia, non conoscevo queste ricette liguri, grazie anche per tutte le informazioni, un abbraccio !
Ho letto di recente che le fave vengono usate durante queste festività perché le loro radici scendono molto in profondità entrando quasi in contatto con i defunti… Macabro però ha il suo senso 🙂 Anch’io non amo le feste americane e sono più legata alle tradizioni regionali e queste 3 versioni mi piacciono moltissimo! Felice di averti rivista cara Patrizia, un abbraccio
Vado matto per lo stoccafisso e per il baccalà. Purtroppo non piace a mia moglie e quindi non lo faccio molto spesso. Prendo copunque nota delle tue ricette e complimenti per il testo sul culto dei morti. Purtroppo c’è molta gente che si ricorda dei suoi cari solo il 2 novembre. Buona serata.
PS – A Venezia si offre ai familiari un sacchetto di fave, ma quelle dolci che si trovano dai pasticceri. Tutte di vari colori a seconda del gusto.
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@Milena: Davvero per l’Omo niente pesce? E allora anche tu ne mangerai poco 🙁 Vedi che devi al più presto passare un po’ di qui! 🙂 A presto cara!!
@Mimmo Modarelli: Caro Mimmo, conosco molto bene le tue ricette salentine! E immagino che saprai creare meraviglie da fave e baccalà: fammi sapere !
@Teresa De Masi: Grazie, Teresa. Mi piacciono molto storie e tradizioni: penso che sia importante non perdere il senso delle proprie radici, per poter guardare con serenità al futuro! Un abbraccio
@Chiara: La prima è una ricetta ligure tradizionale, le altre due sono mie variazioni sul tema 😀 Un bacione, Chiara!!
@Marina: Proprio così. E pare anche che sia per il fiore, bianco violetto, che ha una caratteristica macchietta nera, che sembra voler raffigurare la “theta” greca: la prima lettera del termine Thanathos, morte. (macabro, macabro) E’ stata una vera gioia rivederti!
@Naldori Elio: anche qui, lo mangio solo io…e quindi troppo raramente! Un abbraccio grande